Nella PA centrale vi sono più di 1000 data center di diverse dimensioni distribuiti sul territorio, che ospitano più di 20.000 server e oltre 3 milioni di punti-funzione di software proprietario, per un costo annuo complessivo per la sola gestione di 450 milioni di euro [CNI08]. Questi data center sono spesso duplicati nelle funzioni e privi di una visione sistemica attraverso la quale attuare sinergie basate sulla standardizzazione, l’interoperabilità, l’evoluzione tecnologica, la condivisione delle risorse e strategie di acquisto coordinate. L’inefficienza e la stratificazione tecnologica prodotta da uno scenario del genere sono evidenti. Si pensi alle tante funzioni duplicate, soprattutto quelle di back office, alla duplicazione dei servizi di gestione, al sotto-utilizzo delle risorse informatiche, agli spazi fisici, ai consumi energetici necessari per alimentare gli apparati IT e soprattutto gli apparati di condizionamento, alla frammentazione dei contratti con i fornitori che riduce fortemente il potere negoziale e le economie di scala. Questa realtà, oltre ad assorbire ingenti risorse economiche, rappresenta un ostacolo per l’introduzione di tecnologie e servizi ad alto valore che contribuirebbero all’innovazione della Pubblica Amministrazione e del sistema Paese nel suo complesso. È necessario avviare un circolo virtuoso che liberi i costi che non generano valore e permetta investimenti in servizi ad alto impatto per i cittadini e la collettività. Il modello cloud può consentire di innescare questo circolo virtuoso e recuperare l’efficienza della PA. Una prima opportunità in questo senso sarebbe offerta dall’avvio di un programma di razionalizzazione delle infrastrutture tecnologiche che, altre ad essere di grande valore in sé, faciliterebbe anche l’introduzione del modello del cloud computing su larga scala. Il programma di razionalizzazione potrebbe iniziare con uno studio, guidato da DigitPA e con la partecipazione dalle amministrazioni coinvolte, che analizzasse i modelli di razionalizzazione possibili valutando i percorsi, le architetture tecnologiche, le modalità di realizzazione, gli impatti organizzativi, il ritorno degli investimenti ed i benefici ottenibili. Una seconda opportunità proverrebbe dal favorire ed indirizzare l’acquisizione di servizi cloud da parte delle singole Amministrazioni, alle quali dovrebbe essere richiesto, nell’ambito dei loro bandi di gara, di valutare anche i servizi cloud, in maniera similare a quanto prevede la normativa vigente per il software open source. Mediante l’adozione di servizi in cloud è possibile, per un amministrazione, riposizionare l’organizzazione IT da gestore del sistema a gestore del servizio, potenziando le conoscenze di processo ed applicative piuttosto che quelle tecnologiche e di prodotto.

Uno dei nuovi compiti dell’organizzazione IT dovrebbe essere quello di individuare tra le offerte disponibili quelle che possono aumentare la produttività dell’amministrazione, di agevolare il loro percorso di inserimento nei processi amministrativi e favorirne l’adozione. L’adozione del modello dovrebbe comportare, in molti casi, l’integrazione dei processi delle pubbliche amministrazioni anche mediante l’unificazione delle banche dati. La possibilità di fruire di servizi applicativi innovativi, ora impensabili a causa degli ingenti investimenti tecnologici richiesti, favorirebbe lo snellimento di molte procedure, per un servizio più efficiente verso il cittadino. In un modello cloud privato interno, l’amministrazione che fruisce di servizi cloud deve mantenere in linea di massima le competenze tradizionali per la gestione dei dispositivi di accesso e acquisire quei cloud necessari alla corretta fruizione dei servizi e all’integrazione con l’ambiente IT tradizionale. La fruizione di un servizio da un cloud pubblico generalmente richiede meno competenze IT poiché le infrastrutture e le relative problematiche di gestione sono a cura del provider. Anche in questo modello le competenze IT sono necessarie se vi sono scenari di integrazione con infrastrutture esistenti. Poiché la PA presenta una presenza capillare sul territorio, è molto probabile che essa tenda analogamente verso una dispersione di tecnologie e dati, ricorrendo nella scelta delle soluzioni cloud a più service provider per la stessa esigenza. Il pericolo per l’amministrazione potrebbe quindi essere un eccessivo overhead contrattuale e gestionale dovuto alla molteplicità di interfacce e di tecnologie, soprattutto nel caso l’amministrazione decida di mantenere al suo interno una parte delle attività di gestione IT. Quanto fin qui esposto si applica nei casi in cui un’amministrazione si trovi nell’eventualità di dover erogare un nuovo servizio o di dover adeguare la propria infrastruttura e sia per le dimensioni sia per l’onere che ne deriva, decide di avvalersi di soluzioni di tipologia cloud, con i vincoli che questa scelta non implichi una rinuncia di strategia né diventi un ostacolo al raggiungimento dei propri obiettivi.