Mentre i produttori di Plastica in Europa, sono a lamentare le difficoltà del settore, rivendicando un protezionismo contro gli acquisti dall’estero piu’ concorrenziali, esistono anche alcune possibilità di intervento per non vanificare le iniziative di economia circolare che l’Europa si è data.

La produzione di plastica nell’UE è diminuita dell’8,3%, scendendo a 54 Mt, mentre la produzione globale è aumentata del 3,4% arrivando a 413,8 Mt.

A livello globale, l’Europa rappresenta ora solo il 12% della produzione totale di plastica, in calo rispetto agli anni precedenti. Nel dettaglio:

  • La plastica da fonti fossili domina ancora con 42,9 Mt prodotte in Europa.
  • I materiali riciclati (meccanicamente e chimicamente) ammontano a 7,2 Mt, pari al 13,2% della produzione totale europea, una percentuale maggiore rispetto alla media globale di circa l’8,7%.

Nonostante ciò, l’Europa rimane leader nella circolarità, con il 14,8% della plastica prodotta definibile “circolare”, includendo materiali riciclati e bio-based. Tuttavia, questo progresso non è sufficiente per tenere il passo con le ambizioni del Plastics Transition Roadmap.

Nel panorama europeo, la Germania domina sia nella produzione complessiva che nel riciclo:

  • 20,7% della plastica fossile prodotta in Europa.
  • 22% della plastica riciclata.

L’Italia, invece, si distingue nella produzione di plastica bio-based, rappresentando il 34,2% del totale europeo, preceduta dalla Germania (40,7%).

Mentre l’Europa lotta con costi elevati e una competitività in calo, Cina e Nord America consolidano il loro primato. La Cina, ad esempio, produce oltre il 33% della plastica mondiale, rispetto al 12% europeo, grazie a una capacità produttiva superiore e costi più bassi.

Il Nord America, con il 19,7% della produzione globale, mantiene un ruolo chiave grazie a politiche industriali più flessibili e alla disponibilità di energia a costi inferiori.

La transizione verso un’economia circolare in Europa è minacciata da diversi fattori:

  1. Costi di produzione elevati, legati ai prezzi dell’energia e delle materie prime.
  2. Tempi lunghi per i permessi industriali, che ostacolano lo sviluppo di impianti circolari.
  3. Concorrenza sleale da parte di importazioni non conformi agli standard ambientali europei.

Plastics Europe propone misure concrete per invertire la tendenza:

  • Obblighi di contenuto riciclato nei prodotti.
  • Semplificazione delle procedure per gli impianti a basse emissioni.
  • Promozione di tecnologie innovative come il riciclo chimico.

L’Europa si trova di fronte a una scelta cruciale: investire nella competitività del settore plastico o rischiare di perdere il suo ruolo di leader nella sostenibilità. La skunkworks di Alphabet, società madre di Google, prende di mira la crisi della plastica "X Moonshot for Circularity" cerca di ottenere valore da qualcosa di più della plastica attraverso la circolarità. Riportiamo l’articolo di Elsa Wenzel 20 Novembre 2024 (Aggiornato il 21 novembre 2024)

L'iniziativa

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Una hall del campus di Google a Mountain View, in California. Fonte: Shutterstock / Framalicious

L'ottanta per cento della plastica, prodotta con combustibili fossili, viene gettata via piuttosto che riciclata. Gli impianti di riciclaggio non dispongono degli strumenti per identificare e smistare la miriade di tipi di plastica. Anche quando i prodotti in plastica vengono riciclati, il prodotto di qualità inferiore che ne risulta alla fine marcisce in una discarica.

r/lituania - Meno di un terzo dei rifiuti di plastica in Europa viene riciclato, mentre la produzione di plastica è cresciuta in modo esponenziale in pochi decenni, passando da 1,5 milioni di tonnellate nel 1950 a 322 milioni di tonnellate nel 2015 in tutto il mondo.

La segreta skunkworks di Alphabet sta gettando il suo peso nei data center e le astuzie informatiche dietro questi problemi. Il suo X Moonshot for Circularity, lanciato il 15 novembre, mira ad accelerare un'economia circolare per la plastica. Ma non si ferma qui. Il team ritiene che il suo lavoro possa essere applicato ad altri materiali difficili da decarbonizzare, come l'acciaio, il cemento, le batterie, l'elettronica e i tessuti.

La visione è quella di "realizzare un mondo senza sprechi, costruendo quella che chiamiamo una piattaforma di gestione dell'inventario molecolare", ha detto il direttore di X e responsabile del progetto Rey Banatao, in un video aziendale che annuncia il "moonshot".

Precedentemente chiamata Google X, la divisione di ricerca e sviluppo di Alphabet, di Mountain View, in California, sta utilizzando la sua potenza informatica, le sue competenze in materia di dati e l'intelligenza artificiale per risolvere una delle sfide più difficili al mondo in termini di materiali. X, la Moonshot Factory, ha costruito un sistema per identificare i tipi di plastica in base alle loro molecole in tempo reale, in grado di sfrecciare attraverso migliaia di pezzi al minuto sui nastri trasportatori degli impianti di riciclaggio.

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In un rapporto del 2021, Google ha previsto che il "divario di circolarità" della plastica crescerà in uno scenario di "business as usual" (BAU). Il divario descrive una discrepanza tra la quantità di rifiuti prodotti e la quantità riciclata o riutilizzata.

X sta anche creando un database per archiviare ciò che apprende e assistere i riciclatori con la futura identificazione della plastica. Sta esplorando il riciclo sia meccanico che chimico.

Nel frattempo, la produzione di plastica è raddoppiata negli ultimi due decenni e solo il 9% della plastica viene riciclata, secondo il Global Plastics Outlook 2022 dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Solo il 21% degli articoli riciclabili entra nel sistema di riciclaggio, secondo The Recycling Partnership.

"Assolutamente risolvibile"

"Può assolutamente essere risolto", ha detto il CEO di X Eric "Astro" Teller, nel podcast "Where the Internet Lives" di Google, andato in onda il 6 novembre. "E questo è un altro di questi problemi di sistema. Ci sono le persone che producono la plastica, le persone che producono le materie prime per la plastica, le persone, come i singoli cittadini, come noi, che possono o non possono aver perso la loro fiducia in quei bidoni blu in primo luogo, i centri di riciclaggio e quali sono le loro abitudini attuali. L'intero sistema deve essere ricablato. Si può fare? Al cento per cento. Non abbiamo finito, ma siamo molto avanti".

Il team di X ha lavorato per almeno diversi anni su progetti segreti. Hanno persino misurato i propri rifiuti domestici con scanner a infrarossi. Nel 2021, Google ha collaborato con Recology, con sede a Brisbane, in California. La società di gestione dei rifiuti ha inviato contenitori per alimenti, Tupperware e altri materiali difficili da riciclare al gruppo X per i test.

Anche solo pochi anni fa non era possibile elaborare i dati ad alta velocità dall'imaging iperspettrale, che raccoglie dati da tutto lo spettro elettromagnetico, secondo Banatao. Tali immagini di materiali possono raggiungere le migliaia di megabyte. "E ora immagina di analizzare migliaia di oggetti in un minuto", ha detto. "Si tratta di una grande quantità di dati che è necessario essere in grado di archiviare, elaborare e applicare l'apprendimento automatico".

In genere ci vogliono due decenni prima che le tecnologie passino da un laboratorio a una scala industriale. Alcune delle tecnologie su cui X sta lavorando sono forse tra i cinque e i 10 anni, mentre il riciclaggio enzimatico ha appena iniziato il suo viaggio, secondo Banatao.

"Non abbiamo 20 anni da aspettare", ha detto Banatao nel podcast di Google. "Quindi, per noi, la grande svolta è, come possiamo accelerare quella scala temporale, utilizzando tecnologie come l'apprendimento automatico e i dati che stiamo raccogliendo a questo livello molecolare più granulare, e tutti stanno cercando di correre molto velocemente verso questi grandi obiettivi".

Banatao, che ha inventato prodotti sportivi riciclabili e a base biologica, tra cui le tavole da surf, è stato attratto da Google X per la possibilità di applicare la sua impareggiabile potenza di calcolo ai problemi di sostenibilità dei materiali.

Moonshots dal 2010

Dal 2010, la "fabbrica moonshot" di X affronta soluzioni straordinarie per le mega sfide. Quanti ci lavorano e su quanti progetti è nascosto, ma X ha condiviso che la metà dei suoi progetti ora riguarda il cambiamento climatico. Tra queste tecnologie ci sono la cattura diretta del carbonio nell'aria 280 sulla Terrale telecamere subacquee Tidal e il rilevamento degli incendi boschivi Bellwether. Le auto a guida autonoma, che hanno portato a Waymo, sono un'altra delle tante. Alphabet sta trasformando sempre più le creazioni di X in aziende per amplificarne l'impatto, secondo il laboratorio.

Software che rileva gli articoli mentre volano lungo il nastro trasportatore di un impianto di riciclaggio. Fonte: Fotogramma da un video di Google X

"Quando si tratta di plastica, abbiamo un disperato bisogno di innovazione per far ripartire l'economia circolare", ha dichiarato Joy Rifkin, responsabile della sostenibilità presso Lakeshore Recycling Systems a Chicago. L'azienda di gestione dei rifiuti ha adottato i sistemi di smistamento abilitati all'intelligenza artificiale di EverestLabs circa un anno fa. "Sono incuriosito dalla comparsa dell'intelligenza artificiale nel settore dei rifiuti e del riciclaggio".

Google nel 2019 ha lanciato un'iniziativa di circolarità per concentrarsi sulla progettazione dei rifiuti dei prodotti, prolungando la vita dei prodotti. Nel luglio 2021, il suo rapporto su "Closing the Plastics Circularity Gap" ha prefigurato il lavoro del nuovo X Moonshot.

"Dopo la pubblicazione del rapporto, i nostri partner industriali hanno ribadito quanto sia complesso", ha detto Banatao a Trellis. "La tecnologia svolge un ruolo fondamentale nell'informare e collegare tutti i diversi attori della catena del valore. Il settore ha bisogno di dati e piattaforme migliori per gestire tali dati. Questo è ciò che miriamo a fare".

La startup di intelligenza artificiale EverestLabs, con sede a Fremont, in California, cerca di automatizzare il processo di smistamento negli impianti di riciclaggio e aiutare i riciclatori a recuperare più materiali. Google può essere influente attraverso la sua relazione "nel front-end del processo di riciclaggio, in cui gli imballaggi vengono generati più che nel back-end, dove gli imballaggi vengono recuperati", ha affermato Apurba Pradhan, responsabile del prodotto e del marketing di EverestLabs. Ad esempio, cosa succederebbe se Google potesse aiutare a catalogare e controllare i milioni di unità di imballaggi di consumo che arrivano sul mercato? Ciò porterebbe "una sorta di coerenza nel modo in cui i marchi introducono nuovi imballaggi che si allineano con i processi di riciclaggio", ha affermato.

Non tutti, tuttavia, sono convinti della visione di Alphabet. "La conversazione sulla circolarità è solo una continuazione di altre azioni volontarie che consentono l'uso continuato di combustibili fossili, in questo caso, nella plastica", ha detto Auden Schendler, autore del libro di prossima uscita "Terrible Beauty: Reckoning with Climate Complicity and Rediscovering our Soul".

"Pensate alle aziende produttrici di bevande che affermano di amare il riciclaggio ma odiano (e si oppongono) alle bollette delle bottiglie", ha detto, paragonandolo al sostegno di Alphabet alla Camera di Commercio degli Stati Uniti, che spesso si oppone all'azione per il clima.

Personalmente credo che volendo attivare un’economia circolare occorre coinvolgere anche i produttori affinchè i componenti che devono essere oggetto di riciclo siano facilmente identificabili (un tracking verificabile o un’etichetta sul prodotto) ed è chiaro che anche i prodotti importati devono avere le caratteristiche richieste. Ciò significa che tutta la filiera deve essere cointeressata da una soluzione di riciclo. Dall’azienda produttrice al negozio che ritira l’usato al gestore rifiuti, per poter fare i dovuti controlli agli importatori.

Disparità geografiche, pochi investimenti nel riuso e nel riutilizzo, normative poco ambiziose: sono tanti i motivi per cui la gestione dei RAEE è ancora deficitaria. Eppure, a guardare le linee di intervento del PNRR, la strada appare tracciata. Ma serve un salto di qualità e un'assunzione di responsabilità

Per fare il punto sulla raccolta dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), si può partire considerando il numero di dispostivi immessi sul mercato negli ultimi anni. Guardando ai dati del Centro di Coordinamento RAEE (CdC RAEE), nel periodo 2019-2021, si è assistito ad un progressivo incremento dei volumi di AEE (apparecchiature elettriche ed elettroniche) immesse al consumo: una crescita di 378mila unità, pari ad un aumento del 27% nel 2021 sul 2019. La media del triennio 2019-2021 è pari a 1,6 milioni di tonnellate all’anno, dato che funge da riferimento nella determinazione del tasso di raccolta.

Questa cifra si riferisce tanto a dispositivi per uso professionale che domestico, con i secondi a farla decisamente da padroni (con oltre il 70% del totale). Quindi, come procede la raccolta nel nostro Paese? Benché dal 2019 l’UE abbia elevato il target minimo al 65%, l’Italia è ancora ben lontana dall’obiettivo. Anzi, a leggere i numeri, sta facendo passi indietro: dal 36,5% nel 2020, al 34,6% nel 2021 e al 34% nel 2022.

Leggi anche: Perché in Italia la raccolta dei RAEE non decolla?

La raccolta dei RAEE di origine domestica

Nel 2022 sono state intercettate 361.381 ton di RAEE domestici. Monitorando l’andamento della raccolta tra il 2021 e il 2022, si registra una variazione di segno negativo consistente: -6,2%. La  tendenza sembrerebbe confermarsi anche nel 2023 sulla base dei dati diffusi da Erion WEEE, che  documenta una flessione del 6% dei rifiuti gestiti rispetto al 2022.

A livello regionale, nel 2022 Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna hanno intercettato il 36% dei quantitativi raccolti e avviati a riciclo. Sempre il Centro di Coordinamento RAEE indica che tutte le Regioni italiane hanno fatto segnare una diminuzione della raccolta rispetto al 2021, a parte Sicilia e Puglia, ove l’intercettazione è cresciuta rispettivamente di circa il 5% e del 3%. La concentrazione dei quantitativi intercettati nell’area del Nord appare coerente con il più elevato livello di sviluppo economico dei territori, nonché con la maggiore popolazione residente, ma soprattutto con il maggiore sviluppo della rete di raccolta.

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I dati evidenziano un rilevante divario territoriale: qualora tutte le Regioni dovessero raggiungere il grado di intercettazione dei territori più virtuosi, pari a 10 kg/abitante, il solo segmento domestico potrebbe assicurare maggiori flussi intercettati per 240mila ton all’anno in più, spingendo il tasso di raccolta verso il 50%. Benché ancora distante dall’obiettivo del 65%, questa percentuale restituirebbe al nostro Paese il segnale di uno sforzo credibile nella direzione delle politiche auspicate.

Come e dove agire? Per esempio, a livello di cittadini consumatori, servirebbero campagne di informazione e di comunicazione più efficaci ed estese, come nel caso dell’uno contro uno e uno contro zero. La prima prevede il ritiro gratuito di un RAEE al momento della vendita di una nuova apparecchiatura della stessa tipologia, sia che appartenga al circuito domestico sia a quello professionale. La seconda, invece, prevede l’obbligo per i distributori con superficie di vendita di AEE al dettaglio di almeno 400 mq, e la facoltà per gli altri distributori, di ritirare gratuitamente i RAEE di piccolissime dimensioni (inferiori a 25 cm) provenienti dai nuclei domestici e conferiti dai consumatori, senza obbligo di acquisto di una nuova apparecchiatura.

Il 64% dei cittadini non è a conoscenza del sistema “uno contro uno” o lo conosce ma non l’ha mai utilizzato; la percentuale sale al 77% nel caso del sistema “uno contro zero” (Ipsos e Erion WEEE). Vi è anche un’altra questione. È essenziale, poi, che i volumi di RAEE raccolti tengano il passo dell’immesso al consumo, quale condizione necessaria per sfruttare il potenziale di recupero di materia, soprattutto riguardo alle Materie Prime Critiche (CRM) che costituiscono un elemento essenziale nel sostenere la transizione green delineata dall’UE.

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Il trattamento dei RAEE

Per quanto riguarda il trattamento dei RAEE in Italia, nel 2022 sono state gestite 376.882 ton di RAEE domestici e 158.298 ton di RAEE professionali, per un totale di 535.180 ton. Rispetto al 2021, i RAEE domestici trattati diminuiscono del 4%, quand’invece quelli professionali crescono del 34%. L’andamento generale degli ultimi cinque anni (2018-2022) fa registrare una tendenza incrementale: un aumento complessivo del 27% tra il 2018 e il 2022, frutto di una crescita del 19% dei volumi di RAEE domestici trattati e di un aumento del 52% di quelli professionali gestiti.

Nel 2021 il trattamento dei RAEE italiani derivanti unicamente dalla raccolta differenziata delle AEE ha interessato 502.573 ton, di cui 498.438 – corrispondenti al 99% – sono state gestite in Italia, 3.547 ton (0,7%) all’interno dell’UE ed appena 587 ton (0,1%) al di fuori dei confini dell’UE. A fronte di 458.724 ton recuperate, 437.613 ton sono state riciclate o preparate per il riutilizzo.

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Le novità normative? Un’occasione non colta fino in fondo

A luglio del 2023, dopo un’attesa durata 13 anni, è stato emanato il decreto ministeriale 119/2023 che regolamenta le condizioni per le attività di preparazione per il riutilizzo in forma semplificata. Un provvedimento che si è reso necessario anche alla luce della scarsa diffusione delle aree di “deposito preliminare” presso i Centri di Raccolta (CdR), previste proprio per favorire la via della preparazione per il riutilizzo, ma che a distanza di tanti anni sono ancora poco diffuse.

In linea generale, lo scopo del decreto è semplificare le procedure autorizzative per gli impianti che intendono svolgere attività di preparazione al riutilizzo, incentivando pertanto questo tipo di attività perché possa diventare, come previsto dalla gerarchia dei rifiuti, prioritaria rispetto al recupero. Tuttavia, ciò che si può notare leggendo i requisiti è che i quantitativi massimi trattabili con questo regime semplificato sono molto ridotti, tanto da rischiare di non giustificare lo sforzo di allestire e far autorizzare, sebbene in modalità semplificata, un impianto.

Si tratta di criteri che limitano o impediscono una reale vocazione industriale, pensati per sostenere iniziative non professionali di gestione, senza consentire un reale cambio di rotta. Perché l’attività di preparazione al riutilizzo diventi realmente prioritaria, sarà necessario riuscire ad intercettare – oltre ai RAEE provenienti dai CdR – anche quelli provenienti dal circuito dei rivenditori e dei centri assistenza. Anche per questo motivo, un’efficace azione di intercettazione dovrebbe essere accompagnata dalla nascita di impianti vocati alla preparazione al riutilizzo dotati di una scala produttiva coerente, piuttosto che affidata a iniziative locali poco professionalizzate.

Per gli impianti più importanti e in grado di trattare quantitativi elevati continua invece ad essere necessaria l’autorizzazione in regime ordinario ex Art. 208 del D.Lgs. 152/2006.
Insomma, dopo tredici anni di attesa, ci si aspettava una norma che introducesse un cambiamento più significativo, ma anche questa occasione sembra andata perduta.

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RAEE nel PNRR: spazio nelle riforme e investimenti dedicati

Il PNRR dedica un ampio spazio ai RAEE, sia nell’ambito delle riforme sia in termini di progetti di investimento. Un’attenzione, questa, che appare coerente con l’importanza che la filiera sta acquisendo all’interno del ciclo dei rifiuti, sotto la spinta delle politiche comunitarie, specialmente per la centralità dell’approvvigionamento dalle CRM. In generale, appare cruciale che il combinato disposto dell’intervento riformatore e del piano di investimenti venga attuato in maniera rapida ed efficace.

Gli investimenti del PNRR che coinvolgono la filiera dei RAEE sono allocati in due linee di
investimento della Missione M2C1:

  • Linea d’Intervento A di cui all’Investimento 1.1, dedicata al miglioramento e alla
    meccanizzazione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani erivolta a soggetti pubblici;
  • Linea d’intervento A di cui all’Investimento 1.2: i “Progetti “faro” di economia circolare”
    finanziati asoggetti privati.

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Il miglioramento della raccolta differenziata

La Linea d’Intervento A, rivolta al miglioramento e alla meccanizzazione della raccolta
differenziata è caratterizzata da un contributo massimo erogabile che non può eccedere la somma di un milione di euro per ciascuna proposta progettuale ed è rivolto quindi a finanziare piccoli interventi.

A fronte di un’attribuzione originaria di 600 milioni di euro, l’effettiva allocazione per i progetti della Linea è pari a 601,1 milioni di euro, distribuiti in 991 interventi. Dall’allocazione geografica, risulta che almeno il 55% dei fondi è stato allocato nel Centro-Sud, coerentemente con la soglia del 60% stabilita. Si tratta, questo, di un dato importante, dal momento che dall’analisi dei dati sulla raccolta dei RAEE risulta evidente un gap Nord-Sud nell’intercettazione.

Riguardo alla natura delle opere finanziate, il 24% delle risorse è allocato su progetti che hanno come oggetto la realizzazione, ammodernamento, manutenzione di CdR, isole ecologiche ed ecocentri, e/o ad acquisti di attrezzature ad essi dedicati (135 milioni di euro). Si tratta di un dato rilevante anche nella prospettiva di sostenere una crescita dell’intercettazione dei RAEE, nonostante la parcellizzazione delle erogazioni renda difficile l’intera copertura dei costi d’investimento delle nuove infrastrutture. Riparazione e riutilizzo, invece, sono attività che trovano ancora poco spazio nei CdR. I dati sull’allocazione dei fondi della Linea d’investimento 1.1 A non sembrano andare in controtendenza.

Soltanto il 5% dei fondi, pari a 28,5 milioni di euro, sono dedicati a investimenti che hanno ad oggetto le attività di riuso e di riutilizzo.

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I progetti faro di economia circolare

I RAEE rientrano nel novero delle filiere strategiche nelle quali il PNRR punta a realizzare progetti flagship innovativi, conseguendo un target del 55%, quale soglia di riciclo. Con i “progetti ‘faro’ di economia circolare”, si intende finanziare l’ammodernamento, anche
mediante l’ampliamento degli impianti esistenti, e la realizzazione di nuovi impianti che migliorano la raccolta, la logistica e il riciclo dei RAEE, ivi inclusi pale di turbine eoliche e pannelli fotovoltaici.

Sono stati allocati 581 milioni di euro, di cui circa 121 milioni sono stati destinati ai RAEE. Quasi un quarto dei fondi è stato destinato alla Lombardia, laddove il 59% delle risorse è stato assegnato alle regioni del Centro-Sud. Accanto a progetti generici di riciclo/recupero, tra le progettualità aventi un oggetto specifico, i maggiori finanziamenti sono stati assegnati al recupero delle CRM, con una quota relativa di poco inferiore al 28% dei fondi della linea.

Una scelta, questa, che va nella giusta direzione, stante l’accresciuto peso specifico delle CRM nei processi di transizione ecologica, in particolare per la strategicità industriale e la dipendenza negli approvvigionamenti produttivi delle stesse. Tuttavia, è evidente che il basso tasso di intercettazione può avere frenato il finanziamento della filiera del trattamento dei RAEE, specie in assenza di una chiara strategia di infrastrutturazione sull’intero ciclo di gestione.

A fronte di dati e informazioni, possiamo chiudere con una riflessione generale e non nuova che richiama alla necessità di “una svolta”. La centralità che ha assunto la gestione dei RAEE nelle politiche comunitarie, come parte del percorso di transizione ecologica ed energetica e per assicurare approvvigionamenti più sicuri di materie prime critiche, richiama il nostro Paese ad un’assunzione di responsabilità nel mettere in campo ciò che serve per far compiere al settore il salto di qualità.

A cura di Andrea Ballabio, Donato Berardi, Gianmarco Di Teodoro e Nicolò Valle

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Di Heather Clancy 5 Novembre 2024

L'impianto di riciclaggio di Chicago utilizza l'intelligenza artificiale e i robot per recuperare l'alluminio,  un caos controllato all'interno del nuovo impianto di riciclaggio di Chicago, nel cuore del distretto dei depositi di bestiame della città. I ​​tappi per le orecchie attenuano il ronzio ad alto decibel. La polvere si infiltra nelle fessure di una mascherina. La spazzatura è ovunque. Un leggero odore di plastica porta con sé una zaffata organica, forse latte in polvere.

I nastri trasportatori attraversano la struttura. Spostano un mucchio di materiali da un milione di libbre al giorno dai bidoni della spazzatura della città. Le desiderabili lattine di cartone, plastica e alluminio danzano sui nastri insieme a giocattoli luminosi, libri con copertina rigida e buste della spesa.

Il miscuglio viaggia attraverso una serie di schermi metallici e macchine che selezionano e poi dividono i materiali in percorsi separati. Diversi umani dalla mano ferma tirano fuori la plastica pellicolare destinata alla discarica e altri materiali indesiderati.

Lungo la linea "dell'ultima possibilità" della struttura, un nuovo arrivato magro ha iniziato a ricavare più valore dalla spazzatura. Un robot giallo ruota, preme la sua estremità aspirante su una lattina di alluminio, quindi la getta in un bidone. Il robot con intelligenza artificiale della startup Everest Labs si è ripagato in meno di un anno recuperando più lattine di alluminio, il materiale più prezioso che l'impianto vende ai riciclatori, secondo il proprietario dell'impianto, LRS Waste Management di Rosemont, Illinois.

Se LRS, insieme ai membri dell'industria dell'alluminio e ai sostenitori dell'economia circolare, avranno la meglio, questa scena verrà replicata in tutto il paese, contribuendo a modernizzare gli impianti di smistamento del riciclaggio. Stanno riponendo le loro speranze nell'intelligenza artificiale e in altre efficienze per aumentare il recupero dell'alluminio e i margini finanziari, riducendo al contempo le emissioni.

Un robot giallo per il riciclaggio di Everest Labs ha un sacchetto di plastica incastrato all'estremità, che richiede l'intervento umano per essere rimosso.

L'operazione LRS è tra le quasi 400 strutture di recupero materiali (MRF, per far rima con "smurfs") della nazione che selezionano e inviano articoli ad altre aziende per il riciclaggio. L'impianto, soprannominato Exchange, è stato aperto 17 mesi fa su un ex sito di macelli con 50 milioni di dollari di investimenti , tra cui quelli del Closed Loop Infrastructure Fund.

È anche beneficiario del supporto del Can Manufacturing Institute (CMI), con i produttori di lattine Ardagh Metal Packaging del Lussemburgo e  Crown Holdings di Tampa . Riconoscendo che gli MRF non possono funzionare senza entrate dalle lattine di alluminio, hanno investito in robot, selezionatrici ottiche e altri sistemi per aumentare il recupero delle lattine negli MRF. Gli investimenti congiunti, tra cui 6 sovvenzioni per gli MRF in tutto il paese, recupereranno circa 115 milioni di lattine in più, generando $ 1,8 milioni di entrate, secondo il CMI.

L'alluminio fa guadagnare soldi ai riciclatori. Acquistare alluminio riciclato supporta anche gli obiettivi di riduzione del carbonio delle aziende.

Guarda come funziona il robot

"La maggior parte delle nostre emissioni, sapete, nelle nostre catene di fornitura non sono generate nella nostra attività", ha affermato Jens Irion, CEO di Ardagh Metal Packaging del Nord America. "Sono generate dai nostri fornitori, in particolare dai fornitori di alluminio". L'azienda, le cui spedizioni di lattine in Nord America sono cresciute dell'11 percento nel 2023 , cerca di ridurre le emissioni di CO 2 di circa il 12 percento entro il 2030 rispetto al 2020.

"E se si guarda ai nostri fornitori di alluminio, il modo più semplice per loro di ridurre la loro CO2 è aumentare il contenuto riciclato in quel prodotto", ha detto Irion. "Quindi è proprio questo il punto".

Ordinamento in millisecondi

Selezionatrici ottiche presso l'impianto di recupero materiali LRS di Chicago.I selezionatori ottici presso l'impianto di recupero materiali LRS di Chicago possono trovare l'alluminio in millisecondi. Un getto d'aria separa gli oggetti.

Gli sforzi di decarbonizzazione dell'industria dell'alluminio combinano miglioramenti nell'estrazione e nella lavorazione con un aumento del riciclaggio. L'alluminio riciclato ha un'impronta di gas serra pari al 5 percento dell'alluminio vergine, secondo il gruppo commerciale Aluminum Association. Una tonnellata metrica di alluminio riciclato consente di risparmiare più di 16 tonnellate metriche di emissioni rispetto all'approvvigionamento e alla lavorazione delle materie prime, secondo l'IAI.

Per molti versi, l'alluminio è un materiale modello per un'economia circolare. Può essere riciclato all'infinito. Non si perde qualità nel trasformare vecchie lattine in nuove, il che può richiedere appena sei settimane. L'approvvigionamento di alluminio riciclato comporta una piccola frazione dell'impronta di carbonio rispetto all'estrazione e alla raffinazione della bauxite, la sua materia prima.

Balle di imballaggio

Balle di carta e cartone riciclabili presso l'impianto di riciclaggio dei materiali The Exchange di Chicago.Balle di carta e cartone riciclabili attendono il trasporto presso l'impianto di riciclaggio dei materiali The Exchange di Chicago.

Tuttavia, il potenziale dell'alluminio è limitato nel sistema di riciclaggio disordinato e inefficiente degli Stati Uniti. Le lattine vengono riciclate più di qualsiasi altro contenitore, ma questa percentuale si aggira tra il 30 e il 45 percento. In Germania e Brasile, al contrario, è vicina al 100 percento.

  • Secondo un'analisi del 2022 condotta dal Boston Consulting Group ,   il tasso di riciclaggio delle lattine di alluminio potrebbe aumentare dal 45 al 62 percento, in parte colmando le lacune nella raccolta differenziata e migliorando le operazioni negli impianti di smistamento.
  • Secondo The Recycling Partnership (TRP) , il tre percento dei materiali viene perso negli impianti di riciclaggio, spesso a causa di tecnologie di lavorazione obsolete .
  • Migliorare il modo in cui questi impianti selezionano i materiali è il modo in cui raggiungeranno l'obiettivo, fissato da TRP, di garantire che il 95 percento dei materiali che ricevono finisca per essere riciclato. Tale percentuale è ora all'87 percento, secondo il rapporto State of Recycling del gruppo del 2024 .

Balle di lattine di alluminio pronte per il riciclaggio dopo essere state smistate dal nuovo impianto di LRS Waste Management a Chicago.Balle di lattine di alluminio pronte per il riciclaggio dopo essere state smistate dal nuovo impianto di LRS Waste Management a Chicago. Successivamente, potrebbero essere trasportate in Illinois o Kentucky per essere riciclate.

Anche l'impianto Exchange di LRS, nel cuore dei leggendari ex macelli di Chicago, è sotto stretta osservazione per il suo potenziale di migliorare il tasso di riciclaggio della città del 9 percento. Per fare un paragone, New York City è al 17 percento. San Francisco è all'80 percento.

Secondo LRS, circa l'80 percento di ciò che i cittadini di Chicago gettano nei loro cassonetti blu per il riciclaggio viene effettivamente riciclato.

Chicago punta a smaltire il 90 percento dei rifiuti domestici entro il 2040.

Lo stato dell'Illinois è al terzo posto, dopo Florida e Texas, per il maggior numero di lattine che finiscono in discarica.

Elsa Wenzel

Elsa Wenzel è una special projects editor ed ex managing editor presso GreenBiz Group. In precedenza si è occupata di business, tecnologia e sostenibilità per PCWorld, CNET, Associated Press e MotherJones. Elsa ha conseguito un MS presso la Medill School of Journalism presso la Northwestern e una BA presso la University of Iowa.