Il contratto firmato a novembre 2024 tra l’ambasciatore somalo e la società statunitense BGR Group
Impiegare 600mila dollari all’anno di aiuti esteri per garantirsi il sostegno degli Stati Uniti.
Lo ha fatto il governo federale della Somalia sottoscrivendo, nel novembre 2024, tramite il suo ambasciatore a Washington Dahir Hassan Abdi, un contratto con Robert Wood, presidente e CEO della potente società di lobbying statunitense BGR Group.
Lo scopo è duplice: ottenere il sostegno dell’amministrazione Trump nella lotta al terrorismo e scongiurare lo spettro di un riconoscimento d’indipendenza dello stato del Somaliland.
Il contratto, della durata di un anno, prevede il pagamento di 50mila dollari al mese – più eventuali spese extra – a partire dal 1° dicembre 2024. Denaro dirottato, secondo Horn Diplomat, dai finanziamenti esteri destinati ad alleviare povertà diffusa, insicurezza alimentare e per il contrasto ai gruppi terroristi.
“La partnership della Somalia con gli Stati Uniti è fondamentale per la nostra sicurezza nazionale”, ha affermato l’ambasciatore Abdi. “Siamo fiduciosi che BGR Group ci aiuterà a comunicare l’importanza di questa alleanza ai decisori politici statunitensi e a garantire che la Somalia rimanga una priorità a Washington”.
La priorità per Mogadiscio è invece evitare quanto accaduto nel dicembre 2020, quando Donald Trump, sul finire del suo primo mandato alla presidenza, ordinò il ritiro di quasi tutti i 700 soldati statunitensi di stanza nel paese.
Una decisione annullata dal successore Joe Biden, che nel 2021 ripristinò il contingente statunitense impegnato in vitali operazioni di contrasto al terrorismo.
Il nodo Somaliland
Ma il timore del governo di Hassan Mohamud è anche rivolto al Somaliland, lo stato settentrionale auto-dichiaratosi indipendente nel 1991 che Mogadiscio continua a considerare parte del suo territorio, nonostante 34 anni di governo autonomo.
Il Somaliland lo scorso anno è stato al centro di una forte disputa tra Somalia ed Etiopia, con cui Hargeisa ha firmato un memorandum d’intesa per la concessione di un porto sul Golfo di Aden, in cambio di un riconoscimento della sua sovranità da parte di Addis Abeba.
Le tensioni crescenti tra i due vicini, che avevano messo in allarme l’intera regione, sono scemate negli ultimi mesi solo grazie alla mediazione della Turchia.
Ora però per Mogadiscio il timore è che possa essere proprio la nuova amministrazione Trump a riconoscere – sarebbe il primo paese al mondo – lo stato di indipendenza del Somaliland.
Un disegno di legge in questo senso, presentato dal deputato repubblicano Scott Perry, è già sul tavolo del Congresso. Toccherà a Lester Munson e Scott Eisner, che guidano il “team Somalia” della BGR Group, evitare che venga approvato, sfruttando i profondi legami della società con la leadership repubblicana e con ex funzionari del governo statunitense.
Pro e contro
Il riconoscimento del Somaliland come stato indipendente porterebbe agli Stati Uniti il vantaggio di estendere la loro presenza militare oltre alla già esistente base di Gibuti, in una zona estremamente strategica per il commercio navale e per il controllo dell’insorgenza filo-iraniana nello Yemen.
La mossa provocherebbe però la dura reazione del governo somalo e dei suoi più stretti alleati, Turchia ed Egitto in primis, fornendo all’Etiopia la possibilità di completare il suo progetto di ottenere uno sbocco al mare e rischiando così di destabilizzare l’intera area del Corno d’Africa, che già da tempo naviga in acque turbolente.
Sul piano interno fornirebbe inoltre carburante alle opposizioni, già sul piede di guerra contro le politiche del presidente Hassan Mohamud, che sta, non senza difficoltà, portando avanti il suo progetto di modifiche costituzionali per imporre un radicale cambio del sistema elettorale, dall’attuale sistema clanico, in vigore da mezzo secolo, a quello a suffragio universale diretto.
Un cambiamento in direzione democratica, questo, da tempo caldeggiato anche dagli Stati Uniti, ma che deve affrontare una forte resistenza da parte di alcuni stati federali, primi tra tutti Puntland e Jubaland.
Lotta al terrorismo
L’altro fronte su cui l’azienda di lobbying co-fondata dall’ex governatore repubblicano del Mississippi Haley Barbour dovrà spingere è quello dell’antiterrorismo che vede attualmente gli Stati Uniti in prima linea nel contrasto ad al-Shabaab e allo Stato Islamico (IS-Somalia), radicato nello stato settentrionale del Puntland.
Un eventuale indebolimento della presenza americana in questo senso rischierebbe di vanificare i risultati finora ottenuti, rafforzando i movimenti terroristi, la cui presa su ampie fasce di territorio è stata indebolita anche grazie all’attività militare e di intelligence statunitense.
A maggior ragione dopo il ritiro della missione di sostegno dell’Unione Africana (ATMIS) e l’avvio stentato della nuova missione di supporto e stabilizzazione AUSSOM.
Non solo Somalia
C’è da dire, peraltro, che il governo somalo non è l’unica entità in Africa a fare ricorso ai servigi di agenzie di lobbiying statunitensi per perorare la propria causa a Capitol Hill.
Dall’altra parte del continente, nelle regioni anglofone del Camerun, due organizzazioni separatiste, il Consiglio di governo dell’Ambazonia (AGovC) e la Repubblica Federale di Ambazonia, si sono affidate rispettivamente a Moran Global Strategies e a Scribe Strategies & Advisors.
Tra i clienti della Moran Global Strategies figurano anche altri gruppi africani in esilio: il Consiglio nazionale di rappresentanza dell’Eritrea e il Governo della Repubblica del Biafra in esilio.
la mercificazione del potere - Trump vende la protezione USA alle lobbies?
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